Come spesso accade il mio interesse per un vigneron nasce dall’assaggio di un vino. Oggi potrà sembrarti strano, ma difficilmente mi viene voglia di buttar giù due righe, andarlo a trovare o quant’altro, senza prima averne “tracannato” almeno una bottiglia. E con Lalù, la giovane realtà forgiata nel Barolo da Lara Rocchietti e Luisa Sala, infatti è andata così.
Nonostante, grazie a una nuova ondata di hype sviluppatasi nell’ultimo periodo circa le Langhe, non solo per quanto riguarda il vino – sbaglierò ma penso, in parte, anche a causa all’illuminante opera formativa e relazionale svolta dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – avessi già sentito parlare dei loro vini, la scintilla è scattata un po’ di tempo fa quando, per i 70 anni di mio padre, nel corso di un pranzo domenicale a L’Aromatario di Neive (leggi di più qui), Vladimiro Bo, l’oste residente, mi ha suggerito l’assaggio della loro Barbera d’Alba 2020.
Beh, “Che buona!” si può ancora dire? In caso contrario… Proveniente dalla frazione di Monforte d’Alba, San Sebastiano, questa Barbera mi ha sedotto con un bel frutto pulito, scuro e una definita eleganza supportata da uno scorrere del sorso dinamico piuttosto compulsivo, contemporaneo e gastronomico. Perfetta per un pasto tra gusti enoici dissonanti (è dal 2012 che, in un susseguirsi di epic fail, lavoro incessantemente per convertire mio padre a una certo tipo di bevuta), non avevo idea che nascesse dall’assemblaggio di 3 diverse vinificazioni: 1/3 a grappolo intero, 1/3 a bacca intera e 1/3 viene diraspato e pigiato. Affina in seguito per circa nove mesi tra cemento e barrique usate.
Con in testa, prima o poi, comunque di andarle a disturbare, in seguito a una preventiva ricerca online, ho ovviamente quindi chiesto al mio amico Yuri, sì quello dell’enoteca Il Vinoso a Dogliani, se avesse qualche altra etichetta che potessi assaggiare con calma e, alla sua risposta affermativa, quasi incavolandomi per quanto sia sempre sul pezzo, di raccontarmi qualcosa di più sulla cantina… Questo è il risultato delle mie “indagini”.
Lara Rocchietti e Luisa Sala sono due giovani torinesi diventate amiche sui banchi dell’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Dopo averne condiviso la didattica, periodo in cui, oltre a diventare inseparabili, si innamorano della Langa del Barolo e dei suoi vini, prima nel 2013 discutono in coppia una tesi su La realizzazione di un’azienda vitivinicola ecosostenibile, poi decidono di fare qualcosa assieme proprio in quei luoghi di cui non possono più fare a meno.
Già durante gli studi, fanno esperienza, attraverso stage e quant’altro, nelle cantine di Conterno Fantino, Trediberri… Addirittura si spingono sino in Borgogna alla corte di Dominique Lafon (il progetto parallelo al domaine di famiglia) e Cecile Tremblay (la nipote di Edouard Jayer).
A quel punto, rimboccandosi le maniche, a partire dal 2014, qualcosa acquistano per impiantare loro stesse, qualcos’altro affittano. Per esempio, la “leggenda” narra che combattano a colpi di aperitivi per riuscire a convincere un viticoltore di Monforte ad affidargli una quindicina di filari e successivamente, stavolta col sudore, l’anziano possessore di un frutteto situato praticamente sull’adiacente sorì de Le Coste di Monforte. Ci impiegano 2 anni, ma alla fine convincono anche quest’ultimo a trasformare quei 2000 metri in uno splendido vigneto. Girl power? Ma che stai a dì? Sudore, passione e caparbietà.
Oggi, nel 2023, mentre si apprestano alla loro quinta vendemmia, gli ettari, tutti condotti in biologico, sono diventati circa 5 e, personalmente, ritengo Lalù uno dei più interessanti progetti di Langa che abbia incrociato dagli albori della mia infatuazione per la culla del Barolo.
Come faccio a sbilanciarmi così? Andiamo con gli assaggi.
In generale i vini di Lalù mi sono parsi liberi, talvolta fuori dagli schemi. Per quanto riguarda la vinificazione, come potresti già avere immaginato dalla descrizione del Barbera, attingono dalle loro esperienze miscelando le differenti tecniche apprese tra Langa e Borgogna. Ecco, nel caso storcessi il naso adducendo i soliti discorsi come “la tradizione è altro” o… fidati che, seppur interpretandolo in chiave sicuramente personale, cosa che ritengo un bene, sanno inequivocabilmente di territorio. E il resto sono solo stupidaggini.
Langhe DOC Nebbiolo 2021
3000 bottiglie ottenute dalle uve raccolte tra Roncaglie, cru di La Morra, e Bussia Bovi (Monforte d’Alba), vinificate separatamente, una parte in presenza dei raspi, e poi affinate tra rovere e cemento per circa 8 mesi. In virtù di una piacevole luminosità di frutta e fiori, il naso appare composto ed elegante. Come il sorso, agile, che si distende grazie al ritorno un tannino fine e persistente. Con il tempo poi aumenterà di certo in complessità regalando a chi lo adagerà in cantina, per almeno un lustro, ulteriori sfumature.
Prezzo in enoteca: 30,00 euro
Barolo Le Coste di Monforte 2019
Le Coste di Monforte, da non confondersi con l’MGA di Barolo, hanno un estensione di circa 50 ettari di cui una decina iscritti a Nebbiolo da Barolo e sono racchiuse tra il limitare della DOCG e Ginestra, Mosconi e Ravera. Dotate di un altitudine compresa tra i 370 e i 500 mt s.l.m., erano e sono note ai più perché è qui che Giacomo Conterno (leggi qui della mia visita in cantina) acquistava le uve per il Monfortino, quando ancora la famiglia non possedeva il monopolio di Francia. Ciò però non deve trarre in inganno siccome è altrettanto noto che non tutte le zone di questo vigneto siano storicamente buone per la coltivazione del Nebbiolo e dell’uva in generale. Diversamente non si spiegherebbe il perché del basso rapporto tra l’estensione della zona e la superficie vitata. C’è tuttavia da tenere in considerazione che il recente cambiamento climatico potrebbe aver favorito tutte quelle zone che un tempo faticavano a fornire una maturazione soddisfacente dell’uva.
Da “Barolo Terroir – Grapes, Crus, People, Places”, il nuovo libro scritto da Ian D’Agata e Michele Longo sul Re dei vini sabaudi, ho appreso poi che qui i produttori che hanno rivendicato l’MGA sono Piero Benevelli, Cascina Amalia, Famiglia Anselma, Walter Gagliasso, Pecchenino, Luciano Sandrone e appunto Lalù con i suoi 0,3 ettari situati su terreno argilloso-calcareo.
Questo 2019, la prima annata prodotta, si presenta al naso con un bouquet già complesso e, rispetto al Nebbiolo 2021, appena più “dolce”; nel caso in cui te lo stessi chiedendo, da Barolo di razza. In bocca, inoltre, avvolge carnoso, con maggior peso, ma senza rinunciare alla fluidità di un sorso austero che, grazie alla bontà del tannino, lascia intravedere, oltre all’invidiabile sensibilità delle due giovani vigneronne torinesi, l’importanza del suo potenziale d’invecchiamento. Prolungata la persistenza. Ecco, nonostante queste poche righe, probabilmente non hai ancora idea di quanto mi sia piaciuto…
Prezzo in enoteca: 83,00 euro
PS: mentre un pomeriggio mi attardavo nell’enoteca di Yuri, pochi giorni fa, mi è saltata all’occhio una sconosciuta etichetta che sul retro riportava queste parole “Cheval Mort è un vino di amici per gli amici. Lo facciamo nelle nostre cantine, con uve sempre diverse. Nato per gioco spontaneamente, è la gioia dello star bene assieme. Ogni anno, in tempo di vendemmia, raccogliamo ed interpretiamo delle uve. Il risultato è un vino unico, nella forma in cui si presenta e per il significato che porta. Di Lalù e Philine Isabelle, in compagnia di Sottoscala.” Come è “Cheval Mort 2021?”, “Chi sono Philine Isabelle e Sottoscala?”… Sono solo altre storie che ti racconterò un’altra volta.
Azienda Agricola Lalù
Località Cerrati, 8
12050 Serralunga d’Alba (CN)
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Nato a Genova non troppi anni fa (più o meno), passo l’adolescenza a chiedermi perché abbia sempre preferito un raviolo cotto sulla stufa a un’exogino, o ancora cosa mi avesse spinto, ancora infante, a scolarmi tutti i fondi di Moscato d’Asti lasciati incustoditi dagli adulti, dopo il brindisi di capodanno, incappando nella mia prima ciucca. Intanto, diventato prima Sommelier Professionista AIS e poi Assaggiatore ONAF, dopo svariate esperienze nel mondo della ristorazione, tra cui il servizio dei vini al ristorante “La Terrazza” del Belmond Hotel Splendido a Portofino, dall’ottobre del 2016 sono entrato a far parte dell’Elenco regionale degli Esperti Degustatori dei Vini D.O.C. presso la Camera di Commercio di Genova per poi bla bla bla… Perdonami, mi sto annoiando da solo. Beh, ti prego di mantenere il segreto, ma sappi che ancora oggi, nonostante sospetti sia colpa degli uomini della mia famiglia, del nonno paterno, commerciante di vino in giro per il nord Italia, di quello materno, agricoltore, combattente e scrittore, e di mio padre, agronomo mancato con il tocco per la fotografia (che io non ho), continuo a chiedermelo qui su Enoplane.com.