Condividere nasce a Torino, su suggerimento del compianto Bob Noto alla famiglia Lavazza e a Ferran Adrià, con il fine di offrire agli ospiti del ristorante un momento di felicità attraverso lo stare a tavola. Come il pranzo della domenica in famiglia, un simbolo di italianità capace di far leva sulle emozioni di ciascuno di noi, o come l’aperitivo tra amici in un tapas bar iberico, un’occasione di giubilo con pochissimi eguali. E infatti, siccome la felicità che ho provato a cena con Pula, un sabato sera novembrino, è stata davvero intensa, adesso proverò a condividerla raccontarti cosa l’ha scatenata.
Magari potrei cominciare descrivendoti gli interni “scenografati” dal premio Oscar Dante Ferretti o l’atmosfera che si respira nel ristorante… invece no, mi spiace: non sarò io a privarti dell’emozione che si prova varcandone la soglia per la prima volta. Tra l’altro penso che la bellezza chimerica, insieme cosmica e urbana, della sala principale non sia traducibile in parole. Sì lo so, potevo almeno realizzare un video con lo smartphone, ma tanto non avrei comunque reso il giusto tributo. Fidati.
Il fascino di una seduta al bancone con vista sulla brigata al lavoro per me è irresistibile. Inoltre la possibilità di assaporare i piatti di Federico Zanasi, spesso serviti e spiegati dallo stesso chef in uscita dalla cucina, è un qualcosa di magico che può dare dipendenza.
Da Condividere, nella nuova sede della Lavazza, non si mangia alla carta, ma si sceglie tra uno dei tre menu degustazione disponibili, calibrati anche sulla fame dei commensali: “I classici“, nomen omen, “Festival” e “Gran festival“, due percorsi differenti nel numero di portate frutto della recente e appassionata ricerca creativa dello chef e della sua squadra.
Questa è la sequenza di assaggi, di cui la prima parte in stile tapas, che ci è stata servita dopo aver optato per il più ampio.
Giunti a questo punto, inaspettatamente ci hanno spostato in un’altra stanza, molto più lounge, dove le sedie lasciano spazio a poltrone e divanetti, le luci sono molto più soffuse e viene servito il “Festival di dolci“, magari in accompagnamento a una delle bevande presenti nella minuta ma selezionatissima carta delle bevande dedicata al dopocena. Tra vini dolci, cocktails, gin tonic, amari e distillati, si spazia dai 10,00 euro di un calice di Moscatello selvatico dell’Archetipo ai 23,00 di un rum della Guyana 2006 della Transcontinental.
La cucina di Federico Zanasi è un trionfale unicum incentrato su gusti marcati, grandi ingredienti che hanno storie da raccontare e tanta creatività. Un’ode cristallina e più che contemporanea alla piemontesità, impreziosita da azzeccate contaminazioni mutuate dal vissuto e dalle radici dello chef.
Il nostro “Gran Festival” è iniziato con due iconici omaggi, l’oliva sferica a Ferran Adrià, che nel caso non lo avessi capito ha inizialmente concepito il format gastronomico del ristorante, e il gelato al parmigiano a Bob Noto, proseguendo poi con ritmo serrato sino alla generosa selezione dolce, un festival dentro al festival che ci ha deliziato senza mai suonare stucchevole. Per quanto riguarda il salato ho amato alla follia il morbido gioco tra la carne e le meringhe del katsu sando, la versione alleggerita della bagna caöda, le note “rancide” e alcoliche del sakè nella cacio e pepe e la persistenza infinita che lo zafferano e il pompelmo regalano all’agnello. Certo, qualche intermezzo acido qua e là nel menu avrebbe aiutato il palato a rimanere concentrato, ma sia chiaro che ho goduto, tanto, anche con tutto il resto. Pula sta ancora sbavando per la cheesecake.
E poi, magari non te ne fregherà una cippa perché ti interessa solo mangiare, eppure scambiandoci giusto due parole, osservandolo lavorare, dentro e fuori dalla cucina, rapportarsi con la brigata, la sala e i clienti, sistemare il bancone sparecchiandolo per servire la prossima portata, devo confessarti che, a pelle, Federico Zanasi mi ha davvero impressionato. Sto parlando di energia positiva, profondità e carattere.
La bella carta dei vini ordinata per sensazioni gusto-olfattive è un interessante esercizio di stile, ma che per non rimanere tale, rischiando di confondere il cliente, necessità di un abbondante interazione del sommelier. Composta da circa 250 etichette, molte naturali, dà grande spazio alla Borgogna e giustamente ancora di più a Barolo e Barbaresco. Sono anche disponibili due pairing, da 4 o 6 calici, arricchiti da alcuni centrati abbinamenti con sakè o altre bevande. Ci si diverte a partire dai 30,00 euro/bottiglia del Roero Arneis 2018 di Valfaccenda o della Barbera “Umberta” 2018 di Iuli.
Adesso cerca di non fraintendermi se concludo dicendo che il rapporto percepibile tra la grande cucina di Condividere, la vivace qualità della situazione proposta e il suo prezzo, tenuto anche conto che ci troviamo a Torino, appare veramente vantaggioso, votato alla soddisfazione del cliente 360 gradi. Tant’è vero che per trovare posto bisogna organizzarsi almeno un paio di mesi prima. Ma d’altronde se il ristorante si chiama così…
Come una buona bottiglia che non si vede l’ora di aprire, come una serata tra amici, come il primo bacio, come da bambini l’ultima corsa su di una giostra al luna park, l’esperienza da Condividere è finita senza che ce ne accorgessimo, ahimè troppo presto. Avvolti nelle comode poltrone, sorseggiando un gin tonic, non ce ne saremmo più andati.
Condividere
Via Bologna, 20
10152 Torino (TO)
+39 011 089 7651
www.condividere.com
Menù degustazione:
I classici, 75,00 euro
Festival, 85,00 euro
Gran Festival, 100,00 euro