Come amava ripetere lo scrittore partenopeo Libero Bovio, “l’acqua divide gli uomini, ma il vino li unisce”. E infatti, con la libera testimonianza di un’interessante bevuta, il Poulsard “Capsule Rouge” 2011 della Maison Overnoy-Houillon, entra a far parte della variopinta famiglia di Enoplane.com un amico che per quanto riguarda il mondo del vino, valdostano e non solo, penso abbia davvero tanto da raccontare: Edoardo “Edo” Camaschella. Buona lettura! Andrea
“Oggi no. Ne abbiamo bevute troppe prima di questa e non apprezzeremmo.”
“La apro invece, se non ora quando????”
“Sei pazzo, costa troppo.”
“Non è vero, sono i vari passaggi di mano che ne hanno gonfiato il prezzo. La speculazione.”
“E questo sarebbe un rosso???”
“Che colore pazzesco!”
“Beh, È grazie a vini come questo se è nata una Nouvelle vague nel vino.”
“Ma quello della Nouvelle Vague non è vino, il vino è altro.”
“La semi/carbonica esalta il frutto.”
“La semi/carbonica così come la barrique, è roba da principianti, standardizza il vino.”
“Preferisco i suoi bianchi.”
“Preferisco il suo rosso.”
“E’ un vino fantastico.”
“E’ una maledetta aranciata.”
“Mettine ancora un goccio.”
“Magari, è già finita.”
Sono passate tre domeniche da quando ho stappato la mia ultima boccia di Poulsard 2011 della Maison Overnoy-Houillon (prezzo enoteca oggi: circa 500,00 euro o anche di più).
È stato un momento bellissimo, condiviso e divisivo, divertente. Sublime! Ha generato una marea di considerazioni contrastanti, sul momento e a posteriori. E infatti ci ho messo un po’ a riodinare i pensieri.
Di Pierre Overnoy, e in questo caso di Emmanuel Houillon, bevi un’idea. Un’idea che ha modificato nel bene e nel male il modo di concepire e bere il vino. Nel bene e nel male appunto…
Rossi come Bianchi e viceversa. Una prerogativa jurassiene difficile da replicare altrove.
Eppure nuove generazioni di vignerons e degustatori continuano a inseguire rossi scarichi e bianchi belli pieni, manco fosse un credo. Partendo da vini di questa bellezza però, chiunque al mondo ci cascherebbe. E così ci si prova, a produrlo il vino come quello di Overnoy. E a berlo, il vino come quello di Overnoy. Da anni.
Oggi mi sento di affermare che in troppi casi vini e assaggi basati su questo stile difficilmente riescano bene. C’è tanta omologazione, vini troppo uguali, nonostante le fermentazioni spontanee e gli errori concessi per evitare la solforosa. Oltre a territori e uve non adatti a una lettura invertita, completa il quadro l’utilizzo incondizionato della macerazione carbonica, a grappolo intero. Esplode il frutto, implode il vino. A discapito del suo misterioso corredo aromatico e della sua longevità.
La bellezza di questo magnifico Poulsard è proprio questa. Mi spiego: rispetta l’idea paradossale di ritenere che tutto sia Jura e tutto sia Overnoy (nel caso non conoscessi la sua storia scopri di più qui!). Con una punta di hype carbonico.
La penultima bottiglia di questo game changer l’ho aperta nel 2016. Era sicuramente intrigante, anche se cercava ancora la sua identità, direi stesse vivendo un momento di transizione dove gli spigoli prevalevano sull’insieme. Qui credo invece di avere trovato un Vino in stato di grazia: Il colore tra il rosa e l’arancio, la sua capacità di muoversi spensierato tra primari, secondari e terziari. Lieve, complesso, terroso. Dissetante, fresco, divertente. Gioioso se vuoi, ma serio e concreto nella sua profondità. Con il suo modo personalissimo e credibile di raccontare una tavola apparecchiata, non eccessivamente imbandita, nella Francia del Nord.
Ah! Quanto vorrei gustarne ancora! E di 2011! Pure tra qualche anno, magari. Non tanto per potere dire di averne bevuta un’altra, chissenefrega. Piuttosto per scoprire quali emozioni scatenerebbe nuovamente in me.
Perché ci sono vini che metti nella bacheca degli assaggi: celo, celo, manca… Come fossero figurine di un album. E altri invece che ti migliorano come degustatore. Questo “Capsule Rouge” Poulsard 2011 di Maison Overnoy-Houillon appartiene senza dubbio alcuno alla seconda categoria, anche se i soliti giochetti speculativi potrebbero farti credere il contrario.
PS: E comunque stai tranquillo. Possiamo sempre migliorare come degustatori anche senza svenarci. Basta cercare…. O saper chiedere.
Nato ad Aosta nel Marzo del 1977, passo l’infanzia in skate. Poi snowboard, mountain-bike, trail… Musica, sempre, viaggi e contaminazione pure. Nel 2006 una Coulée de Serrant fa nascere in me l’amore per il Vino. Mi informo, assaggio, esploro, leggo e scrivo. Studio! Con ahimè pochissime occasioni di scambio e come sempre, senza indossare divise. Dal 2019 vendo la mia idea di Vino in Valle d’Aosta. Ma in fondo l’ho sempre fatto: raccontandolo agli amici, annoiando Francesca mia moglie, facendo scappare i miei figli, Bianca e Dante! Proprio la condivisione insieme alla natura del gusto, sono i cardini del mio approccio. Che è essenzialmente musicale, non necessariamente tecnico. Sicuramente emozionale e positivo. In una parola: hardcore!