“Ahhh quanto si mangiava bene da Puleio.” Pur non essendoci mai stato, mi era rimasta in testa tutta una serie di commenti che esprimevano rammarico per la separazione dello chef romano da L’Alchimia, il ristorante milanese dove, ancora molto giovane, aveva conquistato nel 2019 una stella Michelin.

In realtà non so spiegarti come mai. Forse perché chiunque abbia provato a descrivermi la sua cucina non è mai riuscito ad etichettarla, limitandosi a parlare di piatti, tecnica e cura per i dettagli, sapori, emozioni e di tutte quelle cose che dovrebbero contare davvero, ma che troppo spesso mettiamo da parte, quando dobbiamo scegliere un ristorante.

Insomma, non me l’hanno mai descritto come il nuovo re delle fermentazioni, l’ultimo profeta della cucina primordiale o l’eclettico mago di st… E fidati che al giorno d’oggi ahimè è una cosa strana, insolita, che però ritengo meravigliosa. Praticamente il miglior complimento che si può fare a un cuoco che, tra le altre cose, ha da poco aperto il proprio ristorante (Pulejo ha aperto a Roma il 31 marzo 2022 per essere precisi).

Dai, ma quanto è bello che il personal branding di uno chef, in un mondo dell’enogastronomia contemporaneo così esteta e forzatamente sinottico, sia alla fine semplicemente un “cucina da dio”?

Perciò, sapendo di dover trascorrere qualche giorno a Roma a fine dicembre, non mi sono fatto scappare l’occasione di provarne la cucina. E queste sono le fotografie dei piatti assaggiati quel lunedì sera nel ristorante situato a due passi dal Vaticano, in via dei Gracchi (manca solo il pre-dessert. Perdonami, ma mi sono scordato di scattarla).

Pane e burro

Champagne Brut R018 di Lallier

Appetizer

Zucca, caprino, radicchio e centerbe

Seppia al vapore, patate, cime di rapa e bottarga

Drago Bianco 2021 di Musella

Animella, ostriche affumicate e bieta

Assyrtiko 2019 di Ariousios

Tubetto di farro, canocchie, tartufo nero e cavolo

Amore e Follia 2019 di Podere Le Ripi

Tortello di cinghiale in dolceforte, rabarbaro, burro ai pinoli tostati, alloro

Capitone, topinambur, crescione e cotognata

Cake alle castagne e rosmarino, crema inglese alla vaniglia e mandarino

Piccola pasticceria

Gustosa e articolata la sequenza di antipasti costruita sui contrasti della zucca, un’inaspettata componente citrina a completare la seppia e la spinta salmastra dell’animella (che però mancava un po’ della scioievolezza riscontrata in altre versioni assaggiate). Poi due primi piatti maestosi. L’eleganza “verde mare” dei tubetti e lo slancio agrodolce dei tortelli preparano a un’entusiasmante interpretazione del capitone, personale e golosa. Chapeau! Molto più che interessante la chiusura affumicata della cake.

Classe 1989, il curriculum di Davide Puleio è di quelli importanti (Convivio Troiani, Noma, Texture…), l’età quella che permette ancora di sognare mettendosi davvero in gioco, di non sedersi sugli allori cristallizzando il passato in piatti che sanno di tutto tranne che di emozione, di spingere per raggiungere traguardi che ai più sono invisibili o preclusi.

Uno di questi è stato tagliato pochi giorni prima della mia cena. Quale? La Michelin ha insignito il suo ristorante di una stella adducendo tale commento “Zona Prati, residenziale e a pochi passi dal Vaticano, un nuovo ristorante si affaccia sulla scena gastronomica capitolina con un cuoco che già in passato ha dimostrato le sue abilità: Davide Pulejo. Ambienti moderni e atmosfera soffusa, tutta l’attenzione è concentrata sulle ottime creazioni della sua cucina, precise e studiate nei minimi dettagli pur rimanendo semplici e gustosissime. Carta dei vini in divenire, nonché un ottimo servizio per un locale adatto ad ogni occasione.”

Scorgi alcuna etichetta? Io no. E già sento i “Ah come si mangia bene da Puleio.” Uno è il mio.

Ah, a voler proprio essere precisi servizio e vino sono rimasti un po’ nella penombra. La sala non mi è sembrata troppo preoccupata di empatizzare con la clientela, come se non ne avesse il tempo o addirittura avesse paura d’infastidirla con parole e premure. Per quanto riguarda il vino invece c’è stato un po’ di caos e non si è mai andati oltre basici commenti del tipo “questo ci sta piacendo molto”. Nulla sulla costruzione dell’abbinamento. Cosa che vista l’interessante scelta dei calici, in prevalenza naturali, proposti nel pairing ritengo davvero un peccato. 

Fatto sta che sino alle parole scambiate con lo chef a fine cena non avevo capito che il degustazione da 5 portate racchiudesse i classici del ristorante, mentre quello da 7 i “nuovi” (penso occorra più che un “Avete domande sul menù?”. Questa è una cucina che meriterebbe di essere raccontata a tavola, per iscritto o a voce). Inoltre nel corso del pasto non mi è stato servito uno dei cinque vini che componevano il pairing da me scelto (probabilmente ingannati dal fatto che il Derthona 2020 di Massa fosse già nel calice del mio commensale che aveva optato per quello da 3), provando a rimediare alla fine, dopo mia segnalazione, con un passito di Pellegrino che poco centrava con il fil rouge artigiano (Velier) della proposta.

In conclusione nulla di grave, ma una cucina così ispirata, a prescindere dal luogo/città in cui si colloca, per sublimare penso richieda una cornice di pari livello. Cornice che con un po’ di rodaggio sono convinto non tarderà a sedimentare. Sulla carta dei vini invece questa volta preferisco non dilungarmi, tanto puoi consultarla tu stesso qui.

 

Pulejo Ristorante
Via dei Gracchi, 31
00192 Roma (RM)
+39 06 8595 6532
www.pulejo.it

Menù degustazione:
5 portate, 70,00 euro
7 portate, 90,00 euro
Piatti alla carta da 22,00 a 35,00 euro, i dolci 20,00/24,00

 

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