Oggi voglio raccontarti di una regione storica della Sardegna sud-occidentale che, dopo mille vicissitudini non propriamente positive, cerca di rialzarsi anche grazie al vino. Sto parlando del Sulcis-Iglesiente.

Tale zona ha origini molto antiche. L’uomo ci arrivò per la prima volta in epoca prenuragica, attorno al 6000 a.C. e già nel neolitico  fu trovato un primo “tesoro”: l’ossidiana. Quest’ultima fu un’importante scoperta perché diventò da subito merce di scambio oltre che utilissima per costruire armi e altri manufatti. Però la vera svolta che segnò per sempre la storia del Sulcis-Iglesiente si verificò quando i Fenici ne colonizzarono i territori scoprendo la grande presenza di minerali come piombo, argento e rame grazie alle quale nacquero i primi punti di estrazione. Dopo la colonizzazione da parte dei Fenici e successivamente dei Cartaginesi toccò quindi ai Romani portare avanti questa attività. Furono proprio loro, attratti da questa ricchezza, a fondare il primo impianto minerario in cui misero a lavorare schiavi e malfattori.

L’attività estrattiva non si fermò neanche durante la colonizzazione pisana o spagnola e un altro grande cambiamento si ebbe nel 1848 quando, nel periodo di dominazione sabauda, i Savoia adeguarono l’attività mineraria sarda a quella piemontese. In poche parole l’autorità iniziò a rilasciare le concessioni per lo sfruttamento del sottosuolo favorendo l’arrivo di ingenti capitali che portarono a un consistente progresso dello sviluppo industriale. Durante il fascismo poi le miniere ricevettero un nuovo impulso e Benito Mussolini, l’8 dicembre 1938, fondò Carbonia, la città del carbone.

Dopo molti anni di splendore tuttavia per l’industria mineraria iniziò un lento declino, complice la concorrenza del mercato globale, il crollo dei prezzi del piombo e l’impoverimento dei giacimenti. Questo portò alla chiusura definitiva di tutte le attività minerarie, facendo cadere il Sulcis-Iglesiente in una grande crisi. Addirittura nel 2014 la provincia di Carbonia-Iglesias, oggi integrata nella nuova chiamata Sud Sardegna, è stata tristemente decretata la più povera d’Italia.

Ciononostante negli ultimi anni il Sulcis-Iglesiente sta cercando di ripartire innanzitutto col turismo. Infatti molti siti minerari sono stati riqualificati e ora sono mete ambite dai turisti. Per non parlare della bellezza delle spiagge e dei panorami mozzafiato che il territorio regala. Però io vorrei soffermarmi più su un altro aspetto che sta dando una forte mano alla ripresa di questa regione storica: il vino ovviamente.

Forse non sai che il Sulcis-Iglesiente, come il resto dell’isola, vanta una lunga tradizione vitivinicola che può sicuramente aiutare la rinascita del territorio, grazie anche al suo vitigno principe: il Carignano.
L’origine di questa varietà è ancora dibattuta. Alcuni pensano sia un’autoctona sarda, altri ritengono sia stata portata dai Cartaginesi. Eppure la teoria più quotata è che sia arrivata durante la dominazione spagnola, evento che spiegherebbe anche l’espressione dialettale con cui il vitigno è conosciuto in alcune zone: Axina de Spagna (uva di Spagna). Beh, nonostante la sua coltivazione avvenisse per consumo personale o al massimo per la vendita alla cantine sarde, nel 1977 nacque anche la DOC Carignano del Sulcis.

Tuttavia le cose iniziarono a cambiare solo negli anni ’80 quando la cantina sociale di Santadi, cambiando direzione, iniziò a puntare sui vini di qualità, investì in moderne attrezzature e portò in Sardegna per la prima volta l’enologo Giacomo Tachis – sì, lo storico enologo di Antinori e del Sassicaia – che si innamorò subito di questa varietà. Nel 1984 uscì quindi la prima annata del Terre Brune, primo vino sardo affinato in barrique. Malgrado sia un genere di vino molto distante dai miei gusti, come del resto i suoi metodi di produzione, devo però riconoscere che riuscì a dare lustro al Carignano: è certamente anche grazie a  lui se ora sul territorio sono presenti tante cantine, piccole e grandi, che puntano davvero su questo vitigno. E tra queste ce n’è una che ha anche un fortissimo legame con la storia mineraria del Sulcis Iglesiente: l’Azienda Agricola Enrico Esu.

Una delle vigne dell’Azienda Agricola Enrico Esu

Tutto nacque con il papà di Enrico, Silvio, quando iniziò appena maggiorenne a lavorare nella miniera di Cortoghiana. Siccome però nel 1958 quest’ultima venne chiusa, fu trasferito nell’impianto di Seruci, anno in cui, grazie ad alcune marze ricevute in dono da uno zio, piantò nel comune di Carbonia 2,5 ettari di Carignano e un po’ di Monica, rigorosamente ad alberello a filare stretto. Successivamente dal 1968 al 2004 furono impiantati altri 8 ettari di solo Carignano da selezione massale, pratica tradizionale che ha permesso di conservare il materiale genetico dei cloni ultrasecolari. In quel periodo Silvio, che non aveva certo paura della fatica, si divideva tra il buio della miniera e la luce della campagna. Il lavoro nel sottosuolo gli garantiva la stabilità economica mentre la vigna era il suo hobby, una passione a cui si dedicava con infinito amore.

Poi arrivò Enrico che, dopo una laurea in Economia e Commercio, decise di tornare alla terra intraprendendo la sfida di trasformare da solo quelle uve, che fino a quel momento venivano vendute a diverse cantine della zona, in vino. Ovviamente scelse di farlo con metodi tradizionali, lavorando i suoi vigneti manualmente e con l’utilizzo di solo rame e zolfo.

Una delle  vigne dell’Azienda Agricola Enrico Esu #2

Le vigne si trovano più lontane dal mare a differenza di quello che fu il fulcro della coltivazione del Carignano negli anni passati, l’isola di Sant’ Antioco, ma conservano le stesse caratteristiche. Infatti le viti che coltiva Enrico sono esclusivamente ad alberello basso e a piede franco. I suoli, di origine alluvionale, sono sabbiosi e sotto questo strato di circa 1,5/2 metri si trova l’argilla. Sono terreni poveri e permeabili, indispensabili per produrre vini di grande personalità.

Ed eccoci arrivati finalmente al vino di cui ti voglio parlare, il Nero Miniera, ovviamente dedicato al lavoro del papà Silvio, sicuramente il vino più conosciuto di Enrico.
Nasce esclusivamente da fermentazioni spontanee in piccoli tini senza controllo della temperatura e con follature manuali. Macerazioni che si protraggono per circa 10/15 giorni in base alle annate e affina in acciaio più o meno per un anno. Viene poi imbottigliato dopo decantazione naturale senza nessuna chiarifica o filtrazione.

Pochi giorni fa ho assaggiato l’annata 2021 e queste sono le sensazioni che mi ha regalato.

Nero Miniera 2021 Enrico Esu

Il Nero Miniera 2021 dell’Azienda Agricola Enrico Esu

Il Nero Miniera di Enrico Esu (prezzo enoteca: circa 21,00 euro) è un vino che mette subito in mostra la sua forte personalità. Il sorso è pieno, deciso e profondo, ma mai pesante. Il fluido infatti si distende agile coinvolgendo tutta la bocca. Il tannino, ancora vispo senza risultare fastidioso, si concentra soprattutto sulla lingua per poi svanire dopo qualche secondo. Questo Carignano è anche complesso dal punto di vista aromatico: apre su note “dolci” di frutti rossi e fiori per poi passare a sensazioni di sottobosco e a una fortissima macchia mediterranea. Un retrogusto ematico e leggermente affumicato chiude ogni sorso.
Un vino che parla meno di mare, eppure non per questo meno sardo. È un rosso orgoglioso di raccontare la storia del territorio da cui proviene, con il carattere forgiato in anni e anni di duro lavoro ma con la leggerezza di chi guarda al futuro con sogni e speranze.

Nero Miniera 2021 Enrico Esu - Etichetta

La retro etichetta del Nero Miniera 2021 di Enrico Esu

Quando prima ti dicevo che il Sulcis-Iglesiente può rinascere anche grazie al vino è perché ci sono produttori come Enrico che riescono a tirare fuori tutta l’anima del Carignano e del territorio con metodi di produzione artigianali che rimandano alla bellezza della tradizione sarda. Per questo motivo ti consiglio, quando verrai in Sardegna, di farti un giro tra le varie miniere aperte al pubblico e sentire le storie di fatica di chi ci lavorava. Se riesci vai anche a trovare Enrico oppure accontentati di bere qualche sorso del suo Nero Miniera, a mio avviso il miglior Carignano del Sulcis in circolazione.

Ovviamente se lo assaggerai, o se l’hai già bevuto, non dimenticarti di farmi sapere cosa ne pensi!

 

Azienda Agricola Enrico Esu
Località Medau Degosus
09010 Carbonia (SU)
+39 347 825 6871
www.nerominiera.it

 

About the Author: Andrea ” Endriu” Ambu

Cagliaritano DOC classe 1984, Esperto Assaggiatore ONAV e consigliere per la delegazione cittadina della medesima, mi son avvicinato al mondo del vino circa una decina di anni fa, innamorandomi fin da subito del movimento “naturale” e in seguito anche delle fantastiche persone che lo popolano. Galeotto fu un seminario di degustazione in 4 serate tenuto a Cagliari da Sandro Sangiorgi, del quale, pur senza capirci a quel tempo una benemerita mazza, ancora ricordo, per filo e per segno, alcuni degli splendidi vini assaggiati. Mi colpirono per la loro istintività, di come allo stesso tempo riuscissero a essere imprevedibili e conviviali. Un sogno? Aprire una piccola enoteca con mescita. Dove? A Cagliari. E dove sennò.

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