Considerata la grande etica professionale del popolo giapponese e i fantastici risultati che ne conseguono (non ti faccio esempi solo perché sono talmente tanti che non saprei da dove partire), credo che per il resto del mondo enologico sia una fortuna che il vino artigianale, o naturale se preferisci, di qualità in Giappone sia storia recente, molto recente.

Benché diffuso nel 1500 dai missionari portoghesi che se ne servivano per le funzioni religiose e subito dopo bandito proprio perché di natura occidentale dallo shogun Tokugawa Ieyasu, durante tutto il famoso periodo d’isolamento del XII secolo, in realtà in Giappone il vino era già utilizzato nel 700 dai monaci buddisti come medicina.

Vino naturale - Giappone - Koshu Valley

Un vigneto della Koshu Valley

Bisognerà comunque attendere il periodo successivo alla restaurazione Meiji per la fondazione delle prime aziende vitivinicole e il dopoguerra perché i giapponesi, complice una crescente richezza media, incomincino ad appassionarvisi davvero.

Nonostante ciò ancora oggi la produzione di vino in Giappone risulta, qualitativamente parlando, discretamente indietro. Basti pensare che poco meno di una decina di anni fa si etichettava come “Prodotto in Giappone” qualunque cosa fosse fermentata sul territorio nazionale, comprendendo quindi anche il vino prodotto con succhi e mosti concentrati di importazione.
Dal 2015 però, anche a causa della crisi del consumo nazionale del sakè, che si protrae in modo altalenante dagli anni settanta, e per il crescente interesse del governo giapponese verso un business così collaterale, commerciale e turistico, la legislazione in materia si è gradualmente avviata verso una fase di rinnovamento, prevedendo due nuove denominazioni: Kokusanwain (vino nazionale), per il vino prodotto in territorio giapponese anche con materia prima di importazione e Nihonwain (vino giapponese), per quello prodotto esclusivamente da uve coltivate in Giappone.
Inoltre alcune prefetture, grazie all’importante opera delle associazioni di produttori locali, hanno recentemente ottenuto la Gensanchi Hyoji, una specie di DOC, che garantisce discreti livelli qualitativi assieme alla provenienza locale delle uve. Le più famose sono certamente Yamanashi con la sua Koshu Valley, da cui origina l’omonimo vitigno, e Hokkaido, assieme alla Gran Bretagna, la nuova frontiera della spumantizzazione mondiale.

Sì ok, ma esiste il vino naturale in Giappone? Non sarà come in Thailandia dove a causa di diverse problematiche, principalmente climatiche (umidissimo e caldo, per essere gentili), ma anche politiche, sta rimanendo niente di più che un’utopia?

No, tranquillo. Il Giappone possiede un clima molto vario, diverso per ciascuna delle isole che lo compongono e pertanto spesso adatto alla coltivazione della vite in modo “naturale”. Non a caso l’oramai famosissimo produttore del Rodano settentrionale, Hirotake Ooka ha deciso di tornare in Giappone per produrre vino anche a Okayama, una prefettura situata tra Osaka e Hiroshima.
E infatti, pochi giorni fa, incuriosito da un post del mio amico Wine Without Alchemy, ho iniziato a informarmi sulle aziende più rappresentative e a cercarne qualche bottiglia.
Nel farlo mi sono reso conto che, al contrario di altri paesi come Francia, Spagna e soprattutto Germania, praticamente in Italia non esiste, non è ancora arrivato, ma, nonostante il differente mercato d’origine e le accise che lo rendono un prodotto assai caro per noi europei, sono comunque riuscito a recuperarne un paio di bottiglie, per certi versi  molto emozionanti, prodotte da due differenti realtà, due belle cantine che non vedo l’ora di presentarti. Devi solo continuare a leggere.

 

Fattoria al Fiore

Fattoria Al Fiore è una piccola realtà vitivinicola situata nella prefettura di Miyagi, a Kawasaki, che nasce nel 2015 quando Hirotaka e Reina Meguro acquistano una palestra scolastica abbandonata e immersa nel verde. Dove prima i ragazzini giocavano a basket adesso si trovano anfore piene d’uva.

“Un solo fiore che ti affascina spargendo i suoi semi.
Per far nascere un giorno un giardino fiorito che diffonda la felicità a sempre più persone.
Questo è il nostro desiderio.”

www.fattoriaalfiore.com

“Al Fiore” significa in giapponese “un solo fiore” e prende il nome dall’ex ristorante italiano che Hirotaka possedeva a Sendai. Lui e sua moglie ora producono circa 15.000 bottiglie all’anno e realizzano ciascuna delle loro splendide etichette, numerate a mano, con i colori ricavati dai frutti di un albero di cachi della proprietà.
Ancora oggi acquistano parte dell’uva dalle regioni vicine: Nanyo, Takahata, Yamanashi… ma dal 2014 coltivano un’ettaro e mezzo di vigna sempre a Kawasaki con la speranza di produrre in futuro vini esclusivamente con le proprie uve. Tra queste, oltre alle autoctone Koshu e Muscat Bailey A, vi sono anche numerose varietà ibride come Delaware, Stueben e Niagara, dalle quali nascono vini unici, estremamente delicati e che si sposano perfettamente con i sapori della cucina giapponese.
Ovviamente lavorano in modo più naturale possibile, consultandosi con tutti i loro coltivatori sulle pratiche agricole sostenibili da seguire, rifiutando sia la monocoltura che qualunque additivo, chiarifica o filtrazione.

“L’uva è viva. Come il nostro vino.
La sua vita proviene da un piccolo essere chiamato lievito.
Ecco perché trattiamo la nostra uva e il nostro vino con delicatezza, esattamente come trattiamo i nostri amici.
Con amorevole cura, credendo che il nostro vino tratterà con la medesima tenerezza chi lo gusterà.”

NECO Momo 2018

NECO Momo 2018 Fattoria al Fiore Vino naturale Giappone

NECO è un termine che in giapponese significa gatto (neko), ma che in questo caso nasce dall’unione delle parole italiane Nuovo Esperimento e COoperazione per indicare i vini prodotti da Hirotaka e da sua moglie con le uve acquistate dai contadini della prefettura di Miyagi e non solo.
A ciauscuno di questi viene poi conferito il nome di uno dei loro gatti, quello a cui caratterialmente il vino sembra assomigliare di più.
Momo (prezzo enoteca: 40,00 euro) per esempio, figlio di Sola e Anko, due gatti trovati da Hirotaka quando era chef a Sendai, è un giovane calico dalla personalità molto gentile, calma, specialista nel diventare subito amico di tutti. Un po’ come questo rifermentato di Koshu (uva bianca che conferisce corpo e acidità) e Muscat Bailey A (uva rossa dalla grande aromaticità), forse i due vitigni autoctoni più rappresentativi per quanto riguarda la viticultura giapponese. 1370 bottiglie di delicato succo, fresco e immediato, perfette per il caldo estivo.  Miao.

 

Grape Repubblic inc.

Grape Republic fu fondata nel non lontano 2015 dal famoso ristoratore e sommelier Kazuomi Fujimaki a Nan’yō, nella prefettura di Yamagata.
Per nulla spaventato dalla sua nuova avventura, ma pur sempre senza esperienza in fatto di “enologia”, Kazuomi si prefissò quindi tre semplici regole: la coltivazione delle uve, di proprietà o acquistate dai contadini della zona, doveva essere almeno biologica, i vini dovevano essere prodotti senza l’uso di qualsivoglia additivo e dovevano tutti effettuare almeno un passaggio nelle anfore interrate che lui stesso aveva acquistato in Spagna. L’obiettivo, ovviamente, era quello di produrre vini veri, vivi, ricercando la purezza, morale e di gusto, e utilizzando, come accade in quasi tutto il Giappone, le migliori uve originate sia dalla vitis vinifera che dalla labrusca.

www.grape-republic.com

Adesso che sono passati sette anni e a mandare avanti l’azienda ci sono Haruyuki Yano e Alex Craighead (Kindeli Wines – Nuova Zelanda), apparentemente poco o nulla sembra essere cambiato e i vini di Grape Repubblic inc. rimangono sempre tra le più emozionanti espressioni dell’unione tra il terroir e il sognante sentimento giapponese del suo fondatore.

Anfora Merlot 2019

Anfora Merlot 2019 Grape Repubblic inc Vino naturale Giappone

100% Merlot coltivato a Yamanashi. Una parte dell’uva diraspata fermenta in anfora sulle bucce per sei giorni, l’altra per quindici. Il taglio ottenuto viene quindi affinato nei medesimi contenitori per altri sei mesi, prima di essere spostato in inox a riposare ancora un po’ ed essere quindi finalmente imbottigliato.
Confrontato con il Momo di Fattoria al Fiore, nonostante la medesima bassa gradazione alcolica e la distintiva delicatezza di fondo, risulta essere molto più vicino alla concezione enoica europea, dimostrandosi un grande rosso (prezzo enoteca: 37,00 euro), scuro al naso e gastronomico, dalla sublime tensione e dotato di un’ispirato equilibrio gustativo.

 

Insomma mio amato mondo del vino incomincia pure a guardarti le spalle. Che è meglio!

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